| 17° Asian Film FestivalIl Festival del Cineforum Bresson alla Casa del Cinema
 
 27 anteprime, 8 film per festeggiare i 100 anni del cinema filippino,  3 cortometraggi e 10 paesi (Giappone, Corea del Sud, Cina, Filippine,  Hong Kong, Taiwan, Indonesia, Malesia, Thailandia, Vietnam) per la  diciassettesima edizione dell’Asian Film Festival alla Casa del Cinema La diciassettesima edizione dell’Asian Film Festival presenta in  anteprima 27 lungometraggi e 3 cortometraggi provenienti da 10 paesi  dell’Asia orientale (Giappone, Corea del Sud, Cina, Filippine, Hong  Kong, Taiwan, Indonesia, Malesia, Thailandia, Vietnam).Le proiezioni del pomeriggio in Sala Deluxe, quelle serali, a partire dalle 20.45 nel Teatro all’Aperto Ettore Scola.
 L’Asian Film Festival, diretto da Antonio Termenini, presenta una  selezione del meglio del cinema di ricerca e indipendente asiatico, con  una grande attenzione per gli esordi e i giovani registi della ricca  sezione Newcomers. Significativa è la programmazione di ben 8 lungometraggi provenienti  dalle Filippine per festeggiare i 100 anni del cinema filippino con il  meglio delle produzioni più recenti. Tra queste, si segnala The Halt di  Lav Diaz, della durata di 4 ore e 40 minuti (quasi un cortometraggio,  per gli standard del regista!), che era stato presentato a Cannes nel  2019 e poi è rimasto sostanzialmente invisibile: un film potente e  provocatorio che immagina un vicino futuro cupo troppo simile al  presente. Altro film importante è Kaputol, di Mac Alejandre, che mescola  passato, presente e futuro, realtà e finzione, film nel film, per  raccontare una dolorosa storia di scomparse e speranze. Nella serata di  chiusura viene inoltre presentato Kalel, 15 di Jun Lana, storia di  un’adolescenza difficile negli slum di Manila. Sabato 1 agosto è tempo di Korean Day – una giornata interamente  dedicata al cinema sud coreano in cui vengono presentati 4 lungometraggi  e un cortometraggio. Second Life di Park Young-ju e Our Body di Han  Ka-ram sono gli esordi di due registe strabilianti e talentuose, che  raccontano con minimalismo e attenzione al dettaglio le storie  problematiche di un’adolescente (Second Life) e una donna matura (Our  Body) alle prese con scelte difficili. Jesters: The Game Changers di Kim  Joo-ho è un film ad ambientazione storica che ha anche un impatto  sull’attualità: racconta di un gruppo di acrobati assoldato dal re per  migliorare la sua immagine presso la popolazione, e come tale è un  fresco film d’intrattenimento, ma è anche un’utile allegoria per  ragionare su costruzione del consenso e fake news nell’epoca della  post-verità. Infine, viene presentato anche il recente film di Kim  Ki-duk Human, Space, Time and Human, che sembra provocatoriamente fare  eco ai guai etici e giudiziari in cui si è cacciato il tormentato  regista. Per quanto riguarda il Giappone, nella serata di apertura viene  presentato First Love di Takashi Miike, uno scatenato e sorprendente  film di yakuza che è anche un amorevole studio su outsider ed  emarginati. Chiude invece il festival A Girl Missing di Koji Fukada,  autore indipendente raffinato, già acclamato nei maggiori festival  internazionali, che qui presenta una fibrillante storia di colpa e  anelito alla redenzione. Per stuzzicare gli incubi estivi, festeggiamo  anche il ritorno di Hideo Nakata alla saga di The Ring con Sadako, new  entry nel fortunato franchise del terrore che vede ancora una volta lo  spirito della vendetta di Sadako tormentare i vivi. Da Hong Kong è da segnalare Apart, di Chan Chit-man, che coglie quasi  in presa diretta il complicato spirito dei tempi della Regione ad  amministrazione speciale cinese nel raccontare le rivolte del Movimento  degli ombrelli del 2014 e le più recenti proteste di piazza. Prosegue  anche il lavoro che unisce tematiche LGBTQ e ricerca di un’identità  locale con due film toccanti e sentiti come Tracey di Jun Li e I Miss  You When I See You di Simon Chung. Altri temi che percorrono in filigrana il festival sono il rapporto  tra relazioni umane e violenza (il filippino Battered Husband, il  quasi-horror malese Walk with Me, il vietnamita in costume The Third  Wife) e la marginalità sia come spleen esistenziale (i cinesi Intimacy e  From Tomorrow On I Will), sia come malattia (l’autismo del malese  Guang) che come alterità alla società (i tossicodipendenti tormentati  del taiwanese The Paradise). Il post della Casa del Cinema Il sito ufficiale |